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GENNAIO 2008

      Personaggi
        A pranzo con Montanelli per i fagioli di Sorana, i premi e le trasmissioni televisive a Montecatini
     Enzo Biagi, incontri e ricordi

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Luca Lubrani

L ui e Indro Montanelli si incontravano in segreto da «Cecco» a Pescia per gustare i fagioli di Sorana. Il ricordo di Enzo Biagi, scomparso il 6 novembre scorso, all'età di 87 anni, resta vivo anche a Montecatini Terme, dove era stato più volte ospite per partecipare alle trasmissioni televisive di Pippo Baudo al teatro Verdi o per ritirare il prestigioso premio «E' giornalismo».
Lo hanno ricordato in tanti come «il numero uno del giornalismo italiano, protagonista di una professione ancora fatta di principi come onestà, credibilità e coerenza: un uomo libero».
Ai colleghi più giovani ricordava sempre che bisognava fare servizi rifuggendo dall'abbondanza e dall'ostentazione: frasi brevi e comprensibili. «E poi - aggiungeva - bisogna sempre essere se stessi». Hanno scritto ancora di lui: «Incarnava l'idea di un metodo: il giornalista che andava sui fatti senza ombra di pregiudizio e poi tornava con un giudizio basato sui fatti».
Oltre vent'anni fa, proprio a Montecatini, rilasciò un'intervista a Luca de Simone, al quale raccontò le fasi iniziali della sua luminosa carriera: «Sono nato al confine tra l'Emilia e la Toscana (a Pianaccio il 9 agosto 1920) e ho i difetti di tutte e due le parti. Il mio cognome è toscano, come risulta evidente, i miei hanno vissuto a lungo a Lucca, dove ci sono ancora dei Biagi. la Toscana è stata importante nella vita dei miei genitori, ed anche della mia, che da bambino sono finito in maremma. Da lì, mi hanno portato a Bologna, quando avevo 7-8 anni, ci sono stato fino al '31 ed ho fatto di tutto al Carlino (fu assunto nel '40), diventandone direttore (nel 1970) infaustamente tanti anni dopo, perché, come dice Dostoijeski, non "bisogna mai tornare sul luogo del delitto". Ci sono tornato con gli occhi della giovinezza a cercare un mondo che non c'era più.
Oggi _ aggiungeva Biagi _ non ho nostalgia di fare il direttore, perché ho anche delle difficoltà a dirigere me stesso. Sono cambiati troppo i rapporti tra i giornalisti e mi pare che i direttori non abbiano più né il tempo e magari né la voglia di crearli, di trasmettergli quella che è la loro esperienza, di stargli vicino, di inventare il giornale assieme, di partecipare a questa bella avventura che è come scoprire ogni giorno un pezzetto di vita».
Nel lontano 1961, a soli 40 anni, era stato direttore del Tg1, ma resistette pochi mesi, a conferma della sua insofferenza per i colleghi lottizzati. Dal 1953 al 1960 aveva diretto il settimanale Epoca. Si alternava tra giornali, televisione e libri. Una vera e propria industria culturale.


 

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